Emergono ulteriori dettagli sulla revoca dell’incarico al Capo di Gabinetto di via del Collegio Romano, Francesco Gilioli. I trascorsi del successore spaventa la maggioranza
ROMA – “Se ha tradito una volta può farlo ancora”.
Sarebbe questa, in sostanza, la motivazione alla base della scelta del ministro della Cultura Alessandro Giuli di rimuovere dall’incarico il Capo di Gabinetto di via del Collegio Romano, Francesco Gilioli.
Un ‘tradimento’ che sarebbe stato compiuto ai danni del suo predecessore, Gennaro Sangiuliano.
Il quotidiano La Repubblica approfondisce il tema: “Nelle mani di Giuli ci sarebbero le prove ‘del tradimento’ dell’ex capo di gabinetto. Un documento che il ministro sarebbe pronto a mostrare
a chi anche ai vertici del partito nutre dubbi sulla mossa, così da fugarli. Nei corridoi del dicastero si vocifera che Gilioli avrebbe trasmesso a Report, ma anche ad altri giornalisti, materiale su Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia con l’obiettivo di tirarsi fuori dalla vicenda e dimostrare la sua contrarietà alla firma del contratto da consulente”. Gilioli sarebbe pronto a sporgere querela, rimarcando l’assoluta estraneità a qualsiasi fuga di notizie dal ministero.
FRANCESCO SPANO
Nel frattempo, tra i membri della maggioranza in Parlamento, emergerebbe malcontento per il nome del possibile sostituito di Gilioli: Francesco Spano, oggi nominato ufficialmente Capo di Gabinetto del ministero della Cultura. A ufficializzarlo, una nota del Mic.
Nel 2017, quando Spano era a capo dell’Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar), “fu costretto alle dimissioni per un’inchiesta delle Iene che lo accusava di aver versato 55mila euro a un’associazione Lgbtq+, che però in realtà gestiva — secondo il servizio — sesso a pagamento. La Corte dei conti non riscontrò mai un danno erariale e poi Spano divenne segretario generale della fondazione Maxxi”.
Lì ha conosciuto il ministro Giuli, che giudica Spano “una persona di fiducia”. Un giudizio, a quanto pare, non in linea con diversi esponenti del partito di Giorgia Meloni e di chi in maggioranza sostiene le tesi dell’associazione Pro Vita.