ASSOCIAZIONI DE EMIGRATIEMIGRAZIONE
Bonifica Pontina
Nello Ferrarese pioniere tra gli ultimi
Nato lassù a Bottrighe, in una terra liquida, che scivola e s’insinua, tenuta insieme da un reticolato fatto di canali, fossi e fiumi come in Po’ o l’Adige, che ogni tanto hanno rimescolato le carte del destino degli uomini. Per questo, parte del Lazio, piagato per millenni dalla palude, dovrebbe ricordare con orgoglio, ogni singolo lavoratore che ha dissodato campi e arato senza tregua.
Nello Ferrarese a 102 anni era tra questi; lui che era “emigrato”, non in Venezuela o in Brasile come tantissimi veneti, ma nel Lazio, terra vicina e lontana al contempo. A bocce ferme, avendo sedimentato fatti, luoghi e persone, affacciandoci a questa primavera, ricordiamo lui, e tutti quegli uomini e donne, che abbandonarono il veneto del “filò”, di tanta carestia. La terra dei venetkens, per arrivare qui. Cosa resta dei veneti? Forse neanche il dialetto, che molti anni fa, aleggiava tra i campi.
Venetkens
Cosa resta del veneto-pontino? Di quel gruppo di parlate, che ha sposato i tipici dialetti Lepini, con una spolverata di parlata “ferrarese” e un po’ emiliana? Resistono invece e continuano esistere i veneti, attraverso i loro discendenti. Basta guardarsi intorno e incontrare figure di uomini e donne, piuttosto alti, slanciati, filiformi, dalla pelle molto chiara, diafana, capelli di quel biondo cenere e sovente con occhi grigi, verdi o celesti. In loro che spiccano, con sorrisi aperti c’è molto degli antichi veneti.
E’ compito loro soprattutto difendere, custodire e tramandare l’identità, che stanno rispolverando anche in Brasile e in Venezuela. Loro che discendono dai coloni insediatesi nella pianura dell’Agro Pontino, così come in tutte le aree di nuova fondazione. Erano gli anni ’30 quando iniziò l’epopea e chiunque abbia tanto coraggio, da unirsi ai locali per lavorare, merita rispetto e un “grazie”.
Bonifica Pontina
Erano coloni e contadini, ex militari, famiglie e avevano tante speranze. Dovremmo riflettere sul fatto che camminiamo su città costruite in gran parte da loro. Si costituirono tante piccole micro comunità nei borghi rurali. Lo fecero quelle famiglie polesane che alla sera nelle stalle, vicino agli animali, facevano il “filò”. Si facevano compagnia, stavano al caldo, pregavano, rammendavano, facevano piccole riparazioni e poi andavano a dormire, come dicevano loro “ad un’ora d cristiani”.
In Agro Pontino, ancora oggi sono molto vivi tanti dei caratteri originali delle comunità iniziali dei coloni. Resistono tradizioni e quel senso d’appartenenza e di mutua assistenza. Era semplice e quasi naturale, replicare le stesse abitudini che esistevano nel Polesine. Tanti coloni immigrati erano anche di provenienza anche friulana, ferrarese-emiliana. Nelle comunità nate nei centri di nuova fondazione perdurarono caratteristiche proprie, come i dialetti, la cucina, le tradizioni, la fede religiosa.
Veneti nel Lazio
Molti discendenti, sentono oggi come una sferzata di vento che vuole dimenticare e spazzare via tutto. Ciò non può essere, poiché dimenticare, soffocare questa parte di identità locale, distruggerebbe una delle anime identitarie di città come Latina, Aprilia, Sabaudia, Pontinia, e tanti altri piccoli centri. Per questo desidero ricordare un pioniere come Nello Ferrarese, che viveva a Borgo Podgora.
Certamente amava l’agro pontino, ma nel cuore aveva anche il Veneto. Come gli italiani negli Stati Uniti, anche i discendenti dei veneti nel Basso Lazio, possono e devono ricordare e tramandare. Emblematico, è l’esempio del “ciociaro club” in Canada, in cui emigranti del basso Lazio difendono e tramandano storia, usi e costumi ciociari in modo incredibile. Perché dovrebbe essere diverso per i veneti nell’agro pontino? Lui Nello Ferrarese, che ricordava la mamma di Piazzola sul Brenta, era figlio di due mondi, ma mondi fratelli, che devono spezzare l’eccessivo campanilismo italiano.
Piazzola sul Brenta Nello Ferrarese pioniere tra gli ultimi pionieri
Sarebbe bello se nelle scuole primarie si studiasse un po’ di veneto e con dolcezza, qualche tradizione, magari gastronomica. Come tanti di quegli anni in bianco e nero, Nello Ferrarese, tra gli ultimi pionieri, forse ultimo dei moicani, era emigrato e aveva continuato a fare l’agricoltore, come i suoi avi, i “vnetkens”. Pacifici, lavoratori, s’integrarono, si assimilarono, ma nell’essere italiani a tutto tondo, si deve sempre mantenere la propria identità.
E’ auspicabile che ci siano sempre club, associazioni per tramandare usi e costumi. Si è italiani ovunque, ma restando tuttavia pur sempre “immersi” in una realtà dei “borghi” di fondazione, che tuttavia mutano, poiché tutto è sempre in “itinere”.