Cultura
L`opera di 432 corredata da molte
foto a colori e bianco nero
Grazie al prof. Mimmo Bonanni, docente presso il dipartimento di italianistica della prestigiosa universita` americana di Phoenix, Arizona, il libro ” La penna viaggiante” di Vittorio Coco (Edizioni Alimena Orizzzonti Meridionali), ora fa parte di una vasta collezione di libri in lingua italiana, costudita nell`immensa biblioteca dell`ateneo americano.
“La penna viaggiante” e` la storia dell`esperienza vissuta del giornalista Vittorio Coco, nato in un piccolo paese (Rocagorga) in provincia di Latina il quale racconta racconta con un linguaggio semplice e allo stesso tempo, profondo, l`inizio del secondo conflitto mondiale, la guerra combattuta da suo padre Ubaldo, la tremenda campagna russa, gli interminabili anni passati in un campo di concentramento in Africa, gestito dagli inglesi, il suo ritorno in Italia e la sua breve permanenza in Canada.
La professoressa Maria Pia Capello, traccia con minuziosa perizia, i passaggi molto articolati della vita, i sacrifici e le grandi imprese degli italiani in Italia e all`estero, nonche le interviste a personaggi del mondo della politica, gli incontri con artisti, astronauti, presidenti di potetenti nazioni, di gente comue..
Qui di seguito la presentazione del libro ad opera della professoressa Cappello, docente di lingue presso l`universita` la Sapienza in Roma.
Finalmente!
Dopo vari rinvii dovuti al Covid19, il libro °La penna da viaggio°, scritto dal nostro editore Vittorio Coco, ha visto la luce.
Il libro ripercorre la vita del giornalista che in più di sessant’anni ha accumulato materiale e ricordi del cronista.
Un libro ricco di storie, racconti, interviste a personaggi famosi, cantanti, leader politici, astronauti, attori e attrici. La prefazione del libro è affidata alla professoressa Maria Pia Cappello, scrittrice raffinata e meticolosa.
Ecco alcuni brani.
“L’elaborazione che deriva dal recupero del passato attraverso reportage, flashback, notizie storiche, reminiscenze, interviste e aneddoti, inseriti in un percorso biografico-professionale che dà un contributo importante al giornalismo e un senso alle motivazioni di ricerca individuale-esistenziale. D’altra parte, l’approfondimento delle peculiarità nazionali comporta una vera analisi del pluralismo culturale con esigenze ideologico-sociali ed elaborazioni formali. Attento alla ricostruzione della vita e della storia familiare, ripercorre le esperienze più significative che si intrecciano con le dinamiche del suo pensiero. Cattura i contesti ambientali e soprattutto sociali, restituendoci una rappresentazione quasi cinematografica affiancata da un’analisi completa.
Vittorio Coco ripercorre infatti, in una sequenza che segue principalmente il flusso della memoria, dell’infanzia e della giovinezza, l’esperienza terribile e devastante della guerra “Quando sono nato mio padre Ubaldo mancava. Pochi mesi prima della mia nascita, era stato richiamato dal ministero della guerra per partecipare alla campagna in Etiopia…..lo incontrerò per la prima volta al suo ritorno dalla prigionia in Africa…..prima di morire mi disse di disfare tutte le falsità dette negli ultimi 70 anni sulle scarpe di cartone indossate dai nostri soldati….. E quelli che noi (mio zio ed io) credevamo fossero fuochi d’artificio erano in realtà le cannonate che lasciavano le navi attraccate ad Anzio-Nettuno per colpire il Tedeschi in ritirata presso Cassino”.
Vittorio Coco racconta il “grande esodo verso Canada, Stati Uniti d’America, Brasile e Argentina”, ricordando la sua partenza per il Canada: “Nel 1959 ottenni il richiamo da mio padre e partii per il giro del Canada con la mia Bencini per crollare . Sapevo poco o niente del Canada. L’unica cosa che avevo letto era che gli eschimesi vivevano in questo immenso paese… Accompagnato da mia madre, zio Ferdinando e nonno Vincenzo, andai a Napoli per prendere il turbonave Olympia che mi avrebbe portato ad Halifax. Otto giorni di odissea…. Nell’aprile del 1960 tutta la mia famiglia è finalmente in Canada. Mia madre trova lavoro in un ristorante gestito da una famiglia greca, mia sorella e mio fratello saranno iscritti alle elementari.
L’autore riporta alla memoria, in modo reale, le scene a cui ha assistito; sono esperienze che ora, a distanza di molti anni, creano in lui profonda riflessione e analisi. Notevole è lo studio approfondito dell’emigrazione italiana in Canada, che “come la maggior parte delle emigrazioni, ha avuto due momenti: il primo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e il secondo dopo la seconda guerra mondiale. I primi ad arrivare in Canada
furono gli emigranti veneti e friulani ei giovani dell’Italia meridionale e centrale. Tra questi c’ero anche io. Non avevo ancora vent’anni…… Oggi gli italiani sono presenti in quasi tutto il territorio. Le mete più ambite dagli emigranti erano Montreal e Toronto, solo successivamente gli italiani si spostarono anche in altre città come Ottawa, Windsor, Edmonton, Vancouver… … Abituarsi a vivere in Canada non fu facile… soprattutto il clima era un grosso problema a all’inizio, un clima molto diverso dall’Italia, molto più rigido, in particolare più freddo che nel Sud Italia… …non c’era il sole italiano e dovevamo lavorare quasi sempre all’aperto. I primi anni sono stati davvero duri, fatti di sacrifici e lacrime; ben presto, però, quella tristezza ha lasciato il posto alla speranza, alla speranza di poter vivere dignitosamente e di poter offrire ai propri figli una vita migliore”. I primi anni sono stati davvero duri, fatti di sacrifici e lacrime; ben presto, però, quella tristezza ha lasciato il posto alla speranza, alla speranza di poter vivere dignitosamente e di poter offrire ai propri figli una vita migliore”. I primi anni sono stati davvero duri, fatti di sacrifici e lacrime; ben presto, però, quella tristezza ha lasciato il posto alla speranza, alla speranza di poter vivere dignitosamente e di poter offrire ai propri figli una vita migliore”.
Dal racconto di realtà concrete e commoventi emergono continuamente gli aspetti più radicati nella coscienza personale dell’autore, che spesso riconducono a ispirazioni di carattere lirico e poetico: “L’immagine collettiva dell’immigrato italiano arrivato nei primi anni ’60 nel nord è comune. America… è un operaio che trasporta una valigia di cartone legata con lo spago…. Questa è un’immagine che viene utilizzata sia all’interno della comunità italiana come parte del loro folklore sull’immigrazione, sia all’esterno dai media e da altri. Mentre i beni tengono on la valigia di cartone potevano essere pochi, c’erano usanze e tradizioni secolari. “
Inoltre, l’autore sottolinea che c’è “un altro dato da analizzare riguardo a questa emigrazione, cioè il fatto che non è mai del tutto terminata. Ancora oggi, infatti, sono tanti i giovani ricercatori e studiosi italiani che si recano in Canada per costruire il proprio futuro, continuando a fare quello che tanti italiani hanno fatto prima di loro. C’è una differenza, però, rispetto ai giovani italiani che venivano in Canada per lavorare nei campi o per fare i muratori… i giovani di oggi hanno in tasca una laurea o un diploma e l’Italia non può garantire pari opportunità di carriera…. “
Inoltre, lo stile di questo romanzo unisce doti di chiarezza e linearità giornalistica a episodi coinvolgenti della struttura dialogica. L’effetto complessivo della struttura argomentativa è invece accresciuto dalla forza razionale e persuasiva sul piano emotivo. C’è anche una profonda religiosità evidente nell’intera famiglia dell’autore: “Mia madre Irma: una donna dolce, bella e devota a Sant`Erasmo, patrono di Roccacorga … Sant`Anna …… Nel 1959 la Chiesa di Santa Maria Goretti di Edmonton è stato inaugurato”.
Nel suo straordinario talento di scrittore spiccano sia una nobile sensibilità che la capacità di ricomporre eventi e storie secondo una logica che aggiunge le sfumature dei caratteri dei vari personaggi ai colori di mondi diversi ma paralleli che stupiscono il lettore.
Vittorio Coco passa poi gradualmente dalla chiarezza analitica alla complessa evoluzione storica. Allo stesso tempo, avverte una metamorfosi poiché le cornici storiche entro le quali gli eventi sono inquadrati come in un film, sono ricostruite e raccontate con maestria; richiamano alla mente e introducono i lettori della nuova generazione a temi e situazioni del passato che hanno letto nei libri di storia o raccontati dai nonni. E il suo messaggio è anche per i cari nipoti Christopher, Gabriella e Isabella.
Ma il tempo della storia e della memoria si inserisce in un altro tempo: il tempo contadino e moderno, il tempo mitico e nostalgico dell’eterno ritorno. Uno dei temi predominanti è il rapporto di amore e nostalgia con il luogo paterno, un microcosmo felice ma segnato e scalfito dalla storia, dalla guerra, dai bisogni e dalle scelte coraggiose. E dopo qualche anno il padre “nell’agosto del 1966, dopo quasi sette anni in Canada…. decide insieme alla madre e al fratello di tornare definitivamente in Italia”.
Da questa visione del mondo scaturisce una poetica e perfetta coerenza che trova la sua formulazione più compiuta e sistematica nel valore dell’amicizia: “Nel cammino della vita … incontri tante persone con le quali l’amicizia diventa sacra e per la vita. Tra questi mi piace annoverare Johnny Lombardi, suo figlio Lenny, sua moglie Grace e Teresa Lombardi…. Sergio Tagliavini che, oltre ad essere un maestro del giornalismo, è stato un consigliere, un fratello maggiore….. Tra i miei amici di avventura, mi piace citare Tony Porretta, uomo di grande umanità e promotore della nostra cultura in Nord America. Ma tra i miei amici c’è anche uno straniero, Ali Bidabadi”.
Viene soprattutto intensificata la capacità di dare unità e compattezza ai vari argomenti che compongono il romanzo, consentendo passaggi e collegamenti da un argomento all’altro. Alcuni brani descrivono scenari campestri, paesaggi e sensazioni che costituiscono una fitta rete di ricordi. Lo stile di Vittorio Coco, inoltre, ha la funzione di evidenziare i rapporti di analogia e continuità storica, tematica e argomentativa esistenti tra le varie parti del testo risalenti a epoche diverse. Da qui l’uso costante di reportage e collegamenti attraverso la tecnica dello scatto e della memoria.
L’autore riflette anche sull’aspetto sociale ed emerge l’orgoglio italiano: “La comunità italiana ha sempre avuto un ruolo molto importante in Canada, tanto che, il 25 ottobre 2012, Citizenship and Immigration Canada ha annunciato l’avvio di un progetto di istruzione elementare e scuole medie per promuovere e riconoscere il grande contributo degli italo-canadesi allo sviluppo del Paese. Il progetto si chiama “Italian Heritage in Canada Curriculum…. Attraverso le diverse generazioni gli italiani hanno scalato posizioni sociali e nel tempo hanno fondato aziende di vario genere….. Oggi il Canada è meta di un numero minore di italiani ma con tanta professionalità elevata”.
Inoltre, l’atteggiamento razionale e intuitivo consente una profonda conoscenza della realtà e permette di coglierne l’essenza giornalistica. Il tempo e lo spazio dei decenni sono vissuti da Vittorio Coco non solo come frutto di notevoli collaborazioni con CHIN, inviati per il Festival di Sanremo, nomine politiche, presidenze della Federazione Lazio, documentari, interviste e articoli, ma anche come simboli ed esempi. Se da un lato sono oggetto di riferimenti storici e quindi di riflessione Dopo la pubblicazione, il libro sarà presentato in Canada, Stati Uniti, Italia e Sud America, sono previste traduzioni in inglese e spagnolo….
Il libro è pubblicato dal nostro giornale con il contributo di molte istituzioni.
Vittorio Coco ripercorre infatti, in una sequenza che segue principalmente il flusso della memoria, dell’infanzia e della giovinezza, l’esperienza terribile e devastante della guerra “Quando sono nato mio padre Ubaldo mancava. Pochi mesi prima della mia nascita, era stato richiamato dal ministero della guerra per partecipare alla campagna in Etiopia…..lo incontrerò per la prima volta al suo ritorno dalla prigionia in Africa…..prima di morire mi disse di disfare tutte le falsità dette negli ultimi 70 anni sulle scarpe di cartone indossate dai nostri soldati….. E quelli che noi (mio zio ed io) credevamo fossero fuochi d’artificio erano in realtà le cannonate che lasciavano le navi attraccate ad Anzio-Nettuno per colpire il Tedeschi in ritirata presso Cassino”.
Vittorio Coco racconta il “grande esodo verso Canada, Stati Uniti d’America, Brasile e Argentina”, ricordando la sua partenza per il Canada: “Nel 1959 ottenni il richiamo da mio padre e partii per il giro del Canada con la mia Bencini per crollare . Sapevo poco o niente del Canada. L’unica cosa che avevo letto era che gli eschimesi vivevano in questo immenso paese… Accompagnato da mia madre, zio Ferdinando e nonno Vincenzo, andai a Napoli per prendere il turbonave Olympia che mi avrebbe portato ad Halifax. Otto giorni di odissea…. Nell’aprile del 1960 tutta la mia famiglia è finalmente in Canada. Mia madre trova lavoro in un ristorante gestito da una famiglia greca, mia sorella e mio fratello saranno iscritti alle elementari.
L’autore riporta alla memoria, in modo reale, le scene a cui ha assistito; sono esperienze che ora, a distanza di molti anni, creano in lui profonda riflessione e analisi. Notevole è lo studio approfondito dell’emigrazione italiana in Canada, che “come la maggior parte delle emigrazioni, ha avuto due momenti: il primo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e il secondo dopo la seconda guerra mondiale. I primi ad arrivare in Canada furono gli emigranti veneti e friulani ei giovani dell’Italia meridionale e centrale. Tra questi c’ero anche io. Non avevo ancora vent’anni…… Oggi gli italiani sono presenti in quasi tutto il territorio. Le mete più ambite dagli emigranti erano Montreal e Toronto, solo successivamente gli italiani si spostarono anche in altre città come Ottawa, Windsor, Edmonton, Vancouver… … Abituarsi a vivere in Canada non fu facile… soprattutto il clima era un grosso problema a all’inizio, un clima molto diverso dall’Italia, molto più rigido, in particolare più freddo che nel Sud Italia… …non c’era il sole italiano e dovevamo lavorare quasi sempre all’aperto. I primi anni sono stati davvero duri, fatti di sacrifici e lacrime; ben presto, però, quella tristezza ha lasciato il posto alla speranza, alla speranza di poter vivere dignitosamente e di poter offrire ai propri figli una vita migliore”. I primi anni sono stati davvero duri, fatti di sacrifici e lacrime; ben presto, però, quella tristezza ha lasciato il posto alla speranza, alla speranza di poter vivere dignitosamente e di poter offrire ai propri figli una vita migliore”. I primi anni sono stati davvero duri, fatti di sacrifici e lacrime; ben presto, però, quella tristezza ha lasciato il posto alla speranza, alla speranza di poter vivere dignitosamente e di poter offrire ai propri figli una vita migliore”.
Dal racconto di realtà concrete e commoventi emergono continuamente gli aspetti più radicati nella coscienza personale dell’autore, che spesso riconducono a ispirazioni di carattere lirico e poetico: “L’immagine collettiva dell’immigrato italiano arrivato nei primi anni ’60 nel nord è comune. America… è un operaio che trasporta una valigia di cartone legata con lo spago…. Questa è un’immagine che viene utilizzata sia all’interno della comunità italiana come parte del loro folklore sull’immigrazione, sia all’esterno dai media e da altri. Mentre i beni custoditi all’interno della valigia di cartone potevano essere pochi, c’erano usanze e tradizioni secolari. “
Inoltre, l’autore sottolinea che c’è “un altro dato da analizzare riguardo a questa emigrazione, cioè il fatto che non è mai del tutto terminata. Ancora oggi, infatti, sono tanti i giovani ricercatori e studiosi italiani che si recano in Canada per costruire il proprio futuro, continuando a fare quello che tanti italiani hanno fatto prima di loro. C’è una differenza, però, rispetto ai giovani italiani che venivano in Canada per lavorare nei campi o per fare i muratori… i giovani di oggi hanno in tasca una laurea o un diploma e l’Italia non può garantire pari opportunità di carriera…. “
Inoltre, lo stile di questo romanzo unisce doti di chiarezza e linearità giornalistica a episodi coinvolgenti della struttura dialogica. L’effetto complessivo della struttura argomentativa è invece accresciuto dalla forza razionale e persuasiva sul piano emotivo. C’è anche una profonda religiosità evidente in tutta la famiglia dell’autore.