“Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà”. E’ la poesia di Khalil Gibran, poeta libanese naturailizzato statunitense, che Gino Cecchettin, che indossa il nastro rosso simbolo della violenza contro le donne, legge sull’altare per ricordare la sua Giulia nel giorno dei funerali in una basilica di Santa Giustina a Padova gremita, con all’esterno altre 8mila persone ad abbracciare virtualmente la famiglia della studentessa 22enne uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre scorso. All’uscita dalla basilica, la bara bianca è stata accolta dal suono di migliaia di campanelli, accogliendo l’appello a “fare rumore” da parte della famiglia di Giulia.

Un discorso da brividi quello di Gino Cecchettin che ripercorre le ultime settimane: “Ci ha travolto una tempesta terribile e anche oggi questa tempesta di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati ma abbiamo sentito il calore di tutti voi e vi ringrazio per il vostro sostegno. Mia figlia Giulia era una giovane donna, straordinaria, allegra e vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato – spiega – la responsabilità della gestione familiare dopo la perdita della sua cara mamma. Oltre alla laurea che si è meritata, Giulia si è guadagnata ad honorem il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà: il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti”.

“Il femminicidio – sottolinea Gino Cecchettin – è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime di coloro che avrebbero dovuto amarle. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione. Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normale. Insegniamo ai nostri figli i valori del sacrificio e dell’impegno, aiutiamoli ad accettare le sconfitte”.