‘Angoscia per Cecilia Sala’ ha espresso il capo dello Stato per il tradizionale suo messaggio di fine anno
“La pace grida la sua urgenza” e deve essere giusta e attenta al rispetto dei diritti umani, mai “sottomissione”.
Sergio Mattarella celebra il suo decimo discorso agli italiani descrivendo l’Italia tra “luci ed ombre”, inevitabilmente spinto a parlare delle guerre che stanno facendo esplodere l’equilibrio del pianeta. In 17 minuti di intervento a reti unificate il presidente della Repubblica è entrato nelle case degli italiani per rassicurare e pungere, con il chiaro obiettivo di almanaccare le tante cose che non vanno nel Paese senza provocare però angoscia e tantomeno disfattismo. Anzi, cercando sempre di stimolare le grandi energie del Paese che, ricorda, tutto sommato presenta dati positivi nell’occupazione e nell’export. Non dimentica però di condividere con i cittadini piaghe dolorose come quella della sanità, delle liste d’attesa dai tempi inaccettabili che costringono in molti, in troppi, “a rinunciare alle cure”.
Non nasconde neanche il dramma delle carceri italiane che evidentemente ha voluto portare all’attenzione del grande pubblico, visto che il problema stenta a bucare il video, e le coscienze degli italiani. “L’alto numero di suicidi è indice di condizioni inammissibili. Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere”, premette alzando leggermente il tono della voce. Per poi aggiungere che “i detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine”. Parole che hanno ricordato ai giornalisti quelle pronunciate dal sottosegretario Andrea Delmastro che tante polemiche provocarono poco tempo fa: “non lasciamo respirare chi è dietro quel vetro”, disse il sottosegretario alla Giustizia alla presentazione di una nuova auto per il trasporto di detenuti al regime del 41 bis
Ovviamente Mattarella non cita mai la parola indulto, ma il suo è chiaramente un invito al governo ad agire in qualche modo per riportare negli istituti detentivi quei valori minimi di dignità previsti dalla Costituzione. Il presidente cerca poi di definire e dare corpo ad una parola molto di moda in Italia: patriottismo. La concretizza, la inserisce nella realtà, nelle professioni, nell’operosità della gente. “Patriottismo è quello dei medici dei pronto soccorso, che svolgono il loro servizio in condizioni difficili e talvolta rischiose. Quello dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani. Di chi fa impresa con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza. Di chi lavora con professionalità e coscienza. Di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto. Di chi si impegna nel volontariato. Degli anziani – sottolinea Mattarella – che assicurano sostegno alle loro famiglie”. Ma soprattutto un pensiero controcorrente fa agli immigrati: “È patriottismo quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità“. Il presidente denuncia poi la scandalosa arretratezza culturale che produce la “barbarie” dei femminicidi, lodando il “rumore delle ragazze e dei ragazzi che non intendono tacere”.
La piaga delle morti sul lavoro per le quali “non servono le parole di sdegno” ma i fatti. Il capo dello Stato, dalla sala del Lucernario del Quirinale, impernia il suo discorso sul termine “rispetto”, parola dell’anno per la Treccani, e da lì parte per chiedere il coraggio del rispetto delle posizioni altrui, la forza della “mediazione per il bene dell’Italia”. Avvisi dedicati al mondo della politica chiamato in causa dal presidente anche su un altro tema scottante, che Mattarella considera una minaccia gravissima. Sta alla politica, sillaba, riportare i cittadini al voto. Ma non basta. Infatti il capo dello Stato ha scelto di chiudere l’intervento di fine anno guardando negli occhi i cittadini, i singoli cittadini: “Tocca a tutti noi trasformare la speranza in realtà“. Un invito a non rimanere passivi, a non delegare sempre all’altro, a prendersi le proprie responsabilità: “Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte”.
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