“L’Iran ha il diritto di perseguire programmi di tecnologia nucleare per scopi pacifici” e la Russia intende continuare ad aiutarlo in questo, poiché l’Aiea “non ha prove o segnali che indichino lo sviluppo di armi nucleari”.
Il presidente Vladimir Putin mette in chiaro la posizione della Russia, assicurando al contempo che non ha nessuna intenzione di sostenere militarmente Teheran.
Le centinaia di tecnici russi che lavorano nella centrale nucleare di Bushehr rimangono al loro posto grazie al fatto che Israele e gli Usa hanno dato garanzie sulla loro sicurezza, ha affermato Putin. Quindi hanno promesso che non verrà preso di mira l’impianto per la produzione di energia elettrica costruito dalla Russia sulla costa del Golfo Persico e alimentato da uranio arricchito fornito da Mosca. “Voglio sottolineare che il primo ministro Benyamin Netanyahu ha acconsentito e il presidente Donald Trump ha promesso di sostenere la nostra richiesta legittima”, ha fatto sapere il capo del Cremlino. La centrale di Bushehr non rientra tra i siti iraniani sospettati da Israele di essere impiegati per la costruzione di ordigni nucleari. Vale a dire l’apparato industriale e le catene di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio che, secondo l’Iran, dovrebbero servire solo a produrre combustibile per le future centrali. Putin non ha parlato di questi impianti, ma ha garantito che la Russia è pronta a fornire “l’assistenza e il supporto necessari allo sviluppo dell’energia nucleare pacifica, proprio come ha fatto negli anni precedenti”. Anzi, di più, visto che il presidente ha ricordato che con Teheran esistono accordi per la costruzione di altri due reattori oltre a quello di Bushehr.
Poi, parlando dei commenti sui media occidentali di chi ha detto che Mosca non si è schierata con decisione al fianco della Repubblica islamica, Putin ha risposto: “Avremmo dovuto fare di più? Ma di più cosa? Cominciare qualche tipo di azione militare? Abbiamo già un’operazione militare contro coloro che pongono una minaccia alla Russia”. Cioè il conflitto in Ucraina. Putin ha richiamato la posizione di Rafael Grossi, il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, il quale ha tenuto nei giorni scorsi a sottolineare che la stessa Aiea non ha prove che vi sia “uno sforzo sistematico per produrre un’arma nucleare” da parte dell’Iran. Anche se ci sono “elementi di preoccupazione”: in particolare il fatto che Teheran abbia prodotto quantità di uranio arricchito fino al 60%, quindi ben oltre la soglia del 5% sufficiente per alimentare le centrali nucleari.
Secondo Grossi, insomma, non esisterebbe il casus belli invocato da Israele. Non è bastato questo a placare l’ira di Teheran, che ha giudicato tardiva la sua presa di distanza. Ali Larijani, uno dei più stretti consiglieri della Guida Ali Khamenei, si è scagliato contro Grossi affermando che “pagherà per questo una volta che il conflitto finirà”, secondo alcuni media internazionali. Mentre il vice ministro degli Esteri Kazem Gharibabadi ha avvertito che “l’Iran non coopererà più con l’agenzia come prima”. Eppure proprio Grossi, parlando poche ore prima al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, aveva assicurato che l’Aiea “può garantire, attraverso un sistema di ispezioni inconfutabili, che in Iran non verranno sviluppate armi nucleari”. Un modo per sostenere i negoziati avviati a Ginevra dal ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi con Francia, Germania, Gran Bretagna e Ue. Una discussione “seria e rispettosa” nel giudizio di Araghchi, secondo il quale il suo Paese è favorevole a “proseguire i colloqui”, ma una volta che sia “cessata l’aggressione israeliana”. Israele non dà per ora segnali che una tale richiesta possa essere accettata, anche se afferma che i risultati finora ottenuti dalla campagna di bombardamenti sono stati “molto significativi”. “Secondo le valutazioni che riceviamo, abbiamo già ritardato di almeno due o tre anni la possibilità che avessero una bomba nucleare”, ha affermato in un’intervista a Bild il ministro degli Esteri Gideon Saar.
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