Carne di capra
Un piatto del passato riportato in auge da Patrizia Palombi del Kokos Bar in Pontinia
Durante la mia permanenza in Italia, ho riscoperto i sapori e le tradizioni del mio paese.
Ammetto che quando ero piccolo non sono mai stato un amante della carne di capra, tanto meno quella di pecora.
Nel 2021, ho riscoperto che questo piatto di carne di capra, se cucinato con il metodo tradizionale rocchigiano, e` un ottimo piatto, tanto e` vero che Patrizia Palombi, pur essendosi radicata nell`agro pontino da tanto tempo, mantiene saldamente le usanze di mamma Venusta e riesce a traformare un pezzo di carne di capra in piatto squisito.
Si dice che sono i segreti della nonna a portare sulla tavola la bonta` contadina, tradizioni che stiamo riscoprendo con piacere.
La carne di capra è magra ed è simile a quella di manzo, pur avendo un contenuto inferiore di grasso; ha un sapore intenso, “selvatico” che si abbina alla perfezione con le spezie forti.
Esistono molte ricette per cucinarla e tutte richiedono una cottura lenta, a bassa temperatura e in presenza di liquido per rendere la carne tenera.
La capra alla “rocchiciana” è una preparazione locale, si prepara rosolando la carne di capra in pentola con olio e cipolla e poi proseguendo la cottura con acqua, quando sarà evaporata si aggiungeranno i pomodori e si completerà la cottura.
Molto saporito e gustoso e` lo spezzatino di capra in umido, che contiene in sé tutta la memoria dell’economia da transumanza tradizionale dei pastori di Roccagorga e dintorni.
Le capre, infatti, erano molto apprezzate nell’antichità per la capacità di sopravvivere in zone aspre, inadatte agli altri animali da pascolo e da allevamento.
Poi hanno conosciuto un lento declino, dovuto allo sviluppo dell’agricoltura e all’affermarsi degli allevamenti intensivi.
Sono così rimaste relegate nelle zone di montagna, ma sempre con l’obiettivo primario di produrre latte per i formaggi.
Il che portava necessariamente a mangiare quasi solo i capretti. Le capre adulte (come pure le pecore) si mangiavano solo in caso di incidente (un azzoppamento, per esempio) che implicassero l’abbattimento dell’animale.
E venivano sempre cucinate in umido. Per due motivi: sia per comodità dei pastori in transumanza, ma soprattutto per contrastare meglio il tipico sapore forte e penetrante dell’animale adulto.
La ricetta è tradizionale in modo particolare quella rocchigiana. Dove il consumo di carni ovine ha tradizioni millenarie, come del resto nel Lazio e in Sardegna.
Questo spezzatino di capra in umido, infatti, si cucina anche con carni di pecora.
In Italia il consumo di carni ovine è quasi esclusivamente rappresentato da animali molto giovani. Questo perché hanno un sapore più delicato, ma soprattutto per la loro abbondanza. Gli agnelli di pecora e di capra vengono infatti sacrificati per consentire alle madri di produrre latte da destinare alla produzione di formaggi.
Tuttavia, dal punto di vista nutrizionale, le carni degli agnelli sono meno pregiate di quelle degli animali adulti. Queste ultime, inoltre, sono anche più adatte all’alimentazione dei bambini e di chi è soggetto ad allergie alimentari.
Nel Lazio la ricetta della capra in umido è sempre stata pensata per un pranzo festivo completo. Cioè con il primo piatto di pastasciutta condita con il sugo di capra, seguito da un ricco secondo di capra in umido.
Nel caso anche voi voleste utilizzare il sugo per condire la pasta dovete aumentare i pomodori, mettendone il doppio o quasi.