Da Odessa parla alla Dire Anna Alina, direttrice della Ong Vona: “Vogliamo la pace ma non si possono svendere le nostre risorse”

ROMA – “Sempre più donne ci chiedono aiuto e il nostro primo compito è capire come dare loro un’opportunità; poi, certo, ci interroghiamo anche sugli Stati Uniti e chiediamo: quando e da chi è stato fissato il prezzo per l’Ucraina?” A rispondere e a porre domande, al telefono con l’agenzia Dire, è Anna Alina.
La sua voce arriva da via Chernihivska, a Odessa, dove ha sede l’organizzazione della società civile Vona. Il nome è un acronimo, che in lingua ucraina sta per “libere”, “in volo”, “indipendenti” e “audaci”. “Supportiamo le donne che sono state costrette a lasciare le loro case e le loro vite, provenienti spesso dalle regioni dell’est tagliate dalla linea del fronte” riferisce Alina, che dell’ong è la direttrice. “Abbiamo tanto lavoro e per farlo bene dobbiamo anzitutto monitorare le dinamiche economiche”. L’ufficio dell’organizzazione, sostenuta anche dal Fondo dell’Onu per la popolazione (Unfpa), è una crocevia di storie.
Prendete Alla Penzova, originaria di Lysychansk, nella regione di Luhansk: sfollata a Odessa, ha potuto aprire un negozietto di frutta e verdura grazie alla consulenza di Vona perché ottenesse un credito statale di 147mila grivnie, circa 3.500 euro. Una storia tra tante, dopo gli allarmi della contraerea e i colpi di mortaio che nell’est non danno tregua. E una vita nuova a Odessa, a rischio come tante altre finché in Ucraina durerà la guerra, e forse anche dopo.
“Qui le prese di posizione del nuovo presidente americano Donald Trump hanno creato molta incertezza”, spiega Alina. “All’Onu gli Stati Uniti non hanno più riconosciuto la Russia come aggressore e ora sembrano pronti ad accordarsi con Mosca, tradendo i valori per i quali hanno sostenuto di volersi battere”. Si parla anche dell’accordo per le terre rare, che Washington propone a Kiev con l’obiettivo di acquisire diritti sulle risorse minerarie concentrate nell’est del Paese. “Quello che non capiamo è se un’intesa del genere fosse sul tavolo già all’inizio, anni fa” sottolinea Alina. “Era stato già stabilito che avremmo dovuto pagare per il supporto ricevuto? E chi ha stabilito il prezzo?”.
Secondo la direttrice di Vona, “gli ucraini vogliono la pace ma allo stesso tempo ritengono ingiusto svendere le risorse del Paese o le società estrattive di Stato, magari pure al di fuori di un bando pubblico e senza trasparenza”. E poi, ancora: “Per quale motivo a guadagnare dovrebbero essere solo gli Stati Uniti, visto che a supportare l’Ucraina sono anche altri Paesi?”.
Dell’intesa sulle terre rare è tornato a riferire ieri il sito di notizie americano Axios. La sua ricostruzione, a partire da una bozza del documento che sarebbe stata visionata, è che Ucraina e Stati Uniti siano vicini alla firma di un accordo del valore di “centinaia di miliardi di dollari”. L’intesa sarebbe una contropartita per il supporto americano a Kiev sul piano militare. Nella bozza gli Stati Uniti esprimerebbero il desiderio di mantenere l’Ucraina “libera, sovrana e sicura” ma non assumerebbero alcun tipo di nuovo impegno in materia di sicurezza. Sempre stando ad Axios, l’accordo includerebbe la creazione di un “fondo di investimento per la ricostruzione”, gestito congiuntamente da Washington e Kiev. Il suo compito sarebbe “attrarre investimenti per favorire lo sviluppo”, anche in settori come l’estrazione mineraria e i porti.
Ieri, in occasione dell’anniversario dell’”operazione militare speciale” avviata dalla Russia in Ucraina il 24 febbraio 2022, l’Onu ha diffuso un bilancio degli ultimi tre anni del conflitto.
Le persone bisognose di “aiuto umanitario urgente” sarebbero oltre 12 milioni. Tra queste più di tre milioni e 600mila sarebbero sfollati interni. Circa sei milioni e 800mila, invece, i rifugiati all’estero.
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), “la situazione della sicurezza resta estremamente precaria, specialmente nell’est e nel sud dell’Ucraina, dove tra maggio e ottobre 2024 l’intensificarsi del conflitto ha costretto altre 160mila persone ad abbandonare le proprie case”.
L’offensiva del 24 febbraio 2022 è scattata dopo otto anni di violenze e tensioni politiche seguite alla destituzione a Kiev del presidente Viktor Yanukovych. Nel 2021 la Russia aveva chiesto il rispetto di una serie di “garanzie di sicurezza”, tra le quali lo stop alla prospettiva di un’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica.
Vona è nata nel 2020 come tentativo di rispondere ai casi di violenza domestica. L’idea è stata di proporsi come polo di riferimento per la formazione professionale, l’acquisizione e la valorizzazione delle competenze di donne e ragazze, concentrandosi anche su contabilità e gestione finanziaria. La sede di Vona a Odessa è una delle otto a livello nazionale.
Fonte Agenzia DIRE – l’indirizzo www.dire.it