Il voto degli italiani all`estero non è più sostenibile
di Aniello Passaro
Se appaiono molto discutibili le modalita’ di acquisizione a vario titolo della cittadinanza italiana per coloro che non sono nati in Italia e che non hanno forse neanche mai messo piede sul territorio nazionale, a maggior ragione dovrebbe esserlo il diritto di voto che da essa ne consegue. Ma allo stesso modo lo dovrebbe essere indistintamente per tutti i cittadini italiani all’estero che hanno lasciato il suolo italiano e vivono permanente all’estero.
Oggi il diritto di voto, o la sua pretesa, per quei pochi italiani all’estero che lo esercitano, anche se legittimo , non e’ piu’ sostenibile. Richiesto e concesso in un periodo storico in cui si basava su presupposti diversi, appare oggi anacronistico , connotato da effetti ingiustificatamente ingerenti nell’ambito di una societa’ di cui non si condivide la quotidianita’ e quasi sicuramente la prospettiva futura.
Acquisito in relazione al possesso della cittadinanza poggia le sue basi su motivazione non corrispondenti ad esigenze e bisogni concreti , appagante forse di un diffuso senso di frustrazione o alle esigenza di appartenenza emotivamente indotta dal solo desiderio di possesso ma non realmente sentita, tantomeno migliorativo o peggiorativo della condizione di vita di ognuno al di fuori della sua nazione di appartenenza.
Il voto dovrebbe avere una sua valenza e legittimita’ solo nel territorio che rappresenta il teatro reale e non virtuale della vita di un cittadino , della sua quotidianita’, delle sue aspirazioni di vita , dei suoi progetti , dei suoi investimenti, etc….
E’ riduttivo considerare condizionata la propria italianita’ al solo possesso o meno di questo diritto.
L ’Italia infatti storicamente non riconosce la cittadinanza in rapporto all’ esistenza di questo diritto che resta come tale al momento di un definitivo rientro.
Esso consente di ingerire nella vita politica e sociale della nazione di provenienza senza aver con essa nessun rapporto attivo , permettendo di farne parte a pieno titolo pur avendo e coltivando interessi fuori dal suo territorio nel presente e con molte probabilita’ per sempre.
Piu’ che nel voto bisognerebbe investire invece nella valorizzazione e nella acquisizione di una cittadinanza a pieno titolo , praticata attraverso l’ acquisizione della sua cultura e della sua lingua pur seguendone tutti gli altri risvolti .
Esso, tra l’atro, non e’ sentito dalla stragante maggioranza degli italiani, vista la scarsa partecipazione al voto.
Piu’ che avvicinarci all’ Italia, esso crea un clima di diffidenza con i nostri connazionali in Italia , i quali in definitiva oltre a considerarci quasi stranieri ci tacciano di essere quasi usurpatori , insinuando quasi il sospetto e la credibilita’ sia circa l’ effettivo diritto a detenerlo che alle modalita’ con le quali viene espresso che lo rendono incerto.
Aniello Passaro