L’ultima figura di alto rango della sicurezza a morire per la stessa causa negli ultimi mesi
(di Stefano Intreccialagli)
E’ passato solo un mese da quando Vladimir Makarov è stato sollevato dal suo incarico di vicecapo della direzione per la “lotta all’estremismo” del ministero dell’Interno russo, l’organo incaricato di reprimere il dissenso contro il presidente Vladimir Putin.
Lunedì l’ex funzionario è stato ritrovato morto in casa sua: si è tolto la vita, come ha scritto l’agenzia di stampa statale Tass, in un nuovo episodio da aggiungere alla scia di oligarchi o ex dirigenti russi morti misteriosamente in casi velocemente liquidati come “suicidi”.
Makarov, 72 anni, “è stato ritrovato nel villaggio di Golikovo, vicino a Mosca.
I funzionari delle forze dell’ordine hanno detto che si è suicidato”, ha riferito l’agenzia di stampa, spiegando che “l’incidente” è avvenuto la mattina del 13 febbraio e ricordando che il maggior generale “nel gennaio di quest’anno è stato sollevato dal suo incarico di vice capo della direzione per la lotta all’estremismo”. Un termine con il quale a Mosca si intendono gruppi di opposizione – come la fondazione del dissidente incarcerato Alexey Navalny – o media critici del Cremlino.
Makarov “è stato descritto in passato come il principale organizzatore della caccia agli attivisti dell’opposizione e ai giornalisti scomodi” e “aveva contribuito a supervisionare la repressione della Russia”, scrive il Moscow Times. Secondo fonti del canale Telegram Baza, che si ritiene abbia collegamenti con i servizi di sicurezza russi, Makarov si sarebbe sparato con un fucile da caccia a gas in presenza della moglie dopo un periodo di depressione a seguito del suo siluramento.
Makarov è solo l’ultima figura di alto rango della sicurezza a morire per apparente suicidio negli ultimi mesi: la scorsa estate, il maggior generale in pensione dell’Fsb Yevgeny Lobachev e il maggior generale del servizio di intelligence straniero (Svr) Lev Sotskov morirono in due casi trattati come suicidi. Ed è lunga la serie di misteriosi decessi che dall’inizio dell’invasione in Ucraina hanno riguardato dirigenti, funzionari e oligarchi russi. Casi spesso avvolti nel mistero, fra apparenti omicidi-suicidi, incidenti o cadute sospette. Come nel caso di Pavel Antov, deputato del partito dello zar Russia Unita, volato giù per tre piani da un albergo in India a dicembre scorso, dopo aver esplicitamente criticato la guerra, per poi chiedere “sinceramente scusa”. Prima, anche il direttore creativo della società russa Agima, Grigory Kochenov, era precipitato da un balcone, stavolta della sua casa a Nizhny Novgorod, durante una perquisizione della polizia.
Kochenov non aveva mai fatto mistero della sua opposizione alla guerra. Ravil Maganov, presidente del cda di Lukoil, il primo settembre precipitò invece da una finestra di una clinica di Mosca. Dai contorni poco chiari fu anche la scomparsa del magnate Alexander Tyulakov, vicedirettore generale di Gazprom, che il 25 febbraio fu trovato senza vita nel garage della sua casa per sospetto suicidio. Proprio il giorno dopo l’invasione.