Si teme per la tenuta della legislatura
di Pierfranco Faletti
Nei palazzi romani della politica, oltre al COVID, gira nell’aria anche un morbo altrettanto contagioso ed è quello del rischio dì non rielezione, di buona parte degliattuali parlamentari. Ai quattrocento, tra senatori e deputati, cancellati dalla riforma costituzionale, si aggiungerà infatti il rimescolamento delle rappresentanze politiche, con il crollo, previsto da tutti i sondaggi, del movimento cinque stelle, l’avanzamento della Lega e di Fratelli d’Italia e il ridimensionamento di Forza Italia.
La priorità centrale delle prossime elezioni presidenziali, per i parlamentari votanti, sarà pertanto la sopravvivenza della attuale legislatura, minacciata da possibili elezioni anticipate, fino alla sua scadenza naturale nel 2023. Ciò permetterà ad un gruppo di disperati, soprattutto grillini, a suo tempo a reddito zero, eletti fortunosamente nel 2018, di continuare a guadagnare per un anno, 15.000 euro netti al mese e soprattutto di ottenere la corposa pensione, che scatterà, a partire dal settembre 2022. Questa sarà pertanto la principale garanzia che il candidato alla Presidenza della Repubblica, dovrà preventivamente fornire ai suoi potenziali elettori, provenienti soprattutto da quel magmatico mondo del movimento cinque stelle, senza ideologie e senza arte né parte, che si è ormai frazionato in mille rivoli e in cui ognuno pensa soltanto a se stesso ed ai propri interessi personali. Berlusconi potrà certo garantire questa loro basilare esigenza, perché la sua elezione garantirebbe la prosecuzione del Governo dì Mario Draghi e quindi, con la stabilità, la conclusione naturale della legislatura. La stessa garanzia non potrebbe essere data dall’attuale Premier, unico vero antagonista del Cavaliere che, dovendo lasciare la Presidenza del Consiglio, aprirebbe giochi dai risultati assolutamente imprevedibili. C’è un altro elemento, non secondario, che può favorire l’elezione dì Berlusconi ed è l’età avanzata. Il Leader avrebbe fatto capire ai suoi interlocutori, che il suo principale obbiettivo non è quello di trasferirsi nelle inospitali stanze del Quirinale o di passare le giornate a tagliare nastri. Per lui, l’elezione a Presidente della Repubblica, coronerebbe venticinque anni dì determinante attività politica e industriale nel nostro paese, con un finale trionfale che farebbe dimenticare a se stesso e al mondo, anni di battaglie politiche condotte in solitaria, avendo contro i media, i poteri forti, una magistratura politicizzata di sinistra, schierata come un plotone di esecuzione e spesso la stessa potente gerarchia ecclesiastica ed avendo dalla sua soltanto milioni di elettori, che pare siano, in Italia, l’unica variabile irrilevante. Sarebbe per lui un modo per rivalutare venticinque anni dì battaglie liberali e di una politica internazionale, che ha cementato i rapporti fra l’Italia e gli Stati Uniti, contro tante pericolose sbandate effettuate dai governi di centro sinistra e soprattutto recentemente dai grillini, misteriosamente e visceralmente legati alla Cina. Basti pensare alla concessione ai cinesi del fondamentale porto di Trieste e all’adesione dell’Italia, unico fra i paesi europei, alla cosiddetta Via della Seta, fortemente voluta da Pechino, deliberate entrambe dal Governo Conte. Berlusconi potrebbe pertanto restare alla Presidenza due o tre anni, garantire, con Draghi Premier, il completamento della legislatura e il proseguimento della sua Premiership fino al raggiungimento di tutti gli impegni contratti, per ottenere i sostanziosi finanziamenti europei, qualsiasi siano i risultati delle elezioni politiche del 2023. Completato tale lavoro, Berlusconi, ottantottenne, potrebbe dimettersi e favorire una Presidenza della Repubblica Draghi, che continuerebbe a garantire, con il suo prestigio e la sua autorevolezza, la tenuta dell’Italia nel contesto internazionale politico e finanziario.
Ma c’è un ultimo elemento che gioca a favore dì Berlusconi ed è quella che potrebbe essere la posizione di Matteo Renzi, unico Leader di razza rimasto sulla piazza della politica italiana, insieme al Cavaliere.
Renzi, che ha bloccato giustamente le velleità paranoiche di pieni poteri dì Matteo Salvini e ha cacciato poi il rovinoso Governo PD/Cinquestelle, per sostituirlo con il Governo Draghi, non si lascerà certo sfuggire un’occasione tanto ghiotta come questa, per ottenere risultati politici importanti, per lui e per il paese. Quali sono gli obbiettivi più urgenti che interessano oggi il Leader fiorentino e l’Italia? Il primo è certamente la riforma radicale della giustizia, dopo le denunce dell’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, dopo l’incriminazione dì Pubblici Ministeri, simboli della Magistratura militante, quali Camillo Davigo, Fabio De Pasquale, Francesco Greco, Antonio Ingroia e tanti altri e soprattutto dopo le persecuzioni subite dalla famiglia di Renzi e da lui stesso negli ultimi anni. Avere Silvio Berlusconi Presidente del CSM, sarebbe certamente per lui una garanzia che, anche dopo la trionfale votazione dei referendum popolari, tale riforma possa essere avviata.
Il secondo motivo è certamente più politico. L’abbandono del Cavaliere dello scettro di Forza Italia, aprirebbe un nuova vasta prateria elettorale liberale e di centro, cui Renzi guarda con sempre maggiore interesse. C’è infine una minoranza rimasta nel PD, ma composta da fedelissimi ex Renziani, che è stata estromessa da Enrico Letta da tutte le cariche di partito e che probabilmente non saranno ricandidati fra i democratici, alle prossime elezioni nazionali e che assapora quindi la rivincita. Quale migliore occasione, se non la vittoria dì Berlusconi, metterebbe l’attuale Segretario, calato dall’alto come una meteora, nelle condizioni dì andarsene?
Come si possono infine trasformare tutti questi discorsi in termini di numeri? Il Leader dì Forza Italia, che ha avuto tra l’altro in questi giorni un sostenuto endorsement dal PPE, il più votato partito d’Europa, se il centrodestra rimarrà compatto, potrà contare su 450 voti. Ne mancano 55, per arrivare alla meta. Con Renzi si aggiungerebbero 42 voti e pertanto lo scarto sarebbe di soli 13 voti, recuperabili, per le ragioni qui descritte, fra i grillini o gli ex grillini o fra i democratici filo Renzi. Non certo un’ipotesi impossibile! Chi vivrà vedrà. Forse il protagonista della storia italiana degli ultimi venticinque anni, continuerà ad esserlo anche in futuro, ricacciando in un silenzio tombale, le tante ingiustizie subite, fra le quali spicca la legge Severino, una legge contro persona, che gli ha inflitto il più umiliante dei provvedimenti, in modo anticostituzionalmente retroattivo, che possono colpire un politico ed un uomo: l’espulsione dal Senato della Repubblica.
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