Arrestata a Washington la moglie di El Chapo È accusata di essere coinvolta in un giro di droga

by | Jul 22, 2021 | Archivo News, USA

Foto d’archivio RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/EPA
La moglie del noto trafficante di droga messicano Joaquin “El Chapo” Guzman è stata arrestata all’aeroporto internazionale di Washington con l’accusa di essere coinvolta in un giro di droga. Lo hanno reso noto le autorità statunitensi.
Emma Coronel Aispuro, 31 anni, con doppia cittadinanza americana e messicana, dovrebbe comparire davanti a un giudice federale martedì.
Suo marito, co-fondatore del cartello di Sinaloa e considerato all’epoca il più potente trafficante di droga del mondo, è stato condannato nel luglio 2019 all’ergastolo negli Stati Uniti e sta scontando la pena in un carcere di massima sicurezza.
Impeachment: Trump assolto, non bastano i 7 sì repubblicani. ‘Finita la caccia alle streghe’
Il voto finale al Senato è stato 57 a 43, non bastano i 7
 sì repubblicani. Per la condanna erano necessari 67 voti
Il Senato ha assolto Donald Trump anche nel secondo processo d’impeachment, nel quale era accusato di istigazione all’assalto del Congresso. A favore della condanna 57 voti, di cui sette repubblicani.
I no sono stati 43. Per la condanna erano necessari 67 voti, ossia i due terzi dei 100 senatori.
Con l’assoluzione nel secondo processo d’impeachment, è finita una “caccia alle streghe”. Lo afferma l’ex presidente Usa Donald Trump in una dichiarazione subito dopo la votazione in Senato. Trump aggiunge di volere “continuare” a difendere “la grandezza dell’America”.
Dopo aver votato per l’assoluzione di Trump, il leader dei senatori repubblicano Mitch McConnell ha comunque ribadito la sua condanna contro l’ex presidente, definendolo “praticamente e moralmente responsabile” per l’attacco al Capitol.
Trump assolto anche nel secondo processo di impeachment, unico presidente ad essere stato messo in stato d’accusa due volte e primo ad affrontare il procedimento dopo aver lasciato la Casa Bianca. Una sentenza annunciata, dopo che il potente leader dei repubblicani al Senato Mitch McConnell ha fatto trapelare una mail ai colleghi di partito in cui annunciava la sua intenzione di votare per l’assoluzione dell’ex presidente. Seppellendo così ogni residua speranza dem di una condanna che richiedeva il sostegno di almeno 17 senatori del Grand Old Party per raggiungere il quorum dei due terzi. McConnell, che aveva condannato pubblicamente Trump per aver istigato l’assalto al Congresso, ha sposato la tesi difensiva dell’incostituzionalità dell’impeachment contro un presidente già decaduto, ritenendo che si tratta “principalmente di uno strumento per la sua rimozione” e che il Senato non ha quindi giurisdizione.
Il leader Gop ha tuttavia sottolineato che “la costituzione stabilisce chiaramente che i delitti di un presidente commessi nel corso del suo mandato possono essere perseguiti dopo che lascia la Casa Bianca”, lasciando quindi una porta aperta alle inchieste in corso in varie procure. Un modo di rispondere al monito dei procuratori democratici, secondo cui ammettere che un presidente non possa essere giudicato dal Senato a fine incarico significherebbe che ha mani libere per qualsiasi delitto nelle ultime settimane del suo mandato.
Ma alla fine McConnell ha preferito fare buon viso a cattiva sorte e abbracciare nuovamente Trump, come la maggioranza del partito, per tentare di riconquistare il Congresso già nelle elezioni di Midterm del prossimo anno. La sentenza decide il destino, ora nuovamente incrociato, dell’ex presidente e del Grand Old Party: il primo, salvo sorprese sul fronte giudiziario, potrà ricandidarsi nel 2024 tenendo la presa sui repubblicani, il secondo è destinato a restare un partito populista e sovranista, col rischio però di fratture interne. La resa dei conti è stata aperta da una piccola fronda parlamentare e da pezzi da novanta come Nikki Haley, l’ex ambasciatrice Onu nominata da Trump e possibile candidata alla Casa Bianca nel 2024, che ha già scaricato l’ex presidente.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
Donald Trump, lo scoop del New York Times
“A un passo dalla morte, cosa ci hanno nascosto”
“Donald Trump ha rischiato di morire”: la notizia – riportata in esclusiva dal New York Times – si riferisce al periodo in cui l’ex presidente degli Stati Uniti si è ammalato di Covid. La gravità
della sua infezione è “stata tenuta nascosta” dal suo staff e dalla sua famiglia: il tycoon aveva livelli di ossigeno nel sangue “estremamente bassi e un problema polmonare associato alla polmonite causata dal coronavirus”. Le rivelazioni choc arrivano da quattro persone vicine a Trump, che però hanno preferito restare anonime.
Duello sull’impeachment, Trump certo di essere assolto
La battaglia nell’aula del Senato per il secondo storico impeachment nei confronti di Donald Trump è iniziata. Ed è iniziata con il drammatico video dell’assalto al Congresso del 6 gennaio.
Immagini montate dall’accusa che accostano i momenti del violento
attacco alle parole del presidente che incita a marciare sul Campidoglio. Alla fine della clip il silenzio bipartisan da parte dei senatori rivela come, a distanza di oltre un mese, quelle urla e quegli spari poco fuori l’aula facciano ancora paura. E qualcuno, anche tra i repubblicani, scuote la testa quando riecheggiano le parole di Trump che, riferendosi ai rivoltosi con il Capitol ancora in subbuglio,

 

affermava: “Vi amo, siete veramente speciali”.
Mai un presidente degli Stati Uniti ha dovuto subire la gogna della messa in stato di accusa per due volte. Ma stavolta The Donald sarebbe tutt’altro che preoccupato. Anzi, starebbe già pianificando il suo ritorno e meditando la vendetta contro i ‘traditori’ dentro e fuori il Congresso, a partire dai repubblicani che hanno votato contro di lui.
Certo, per i prossimi giorni niente lunghe e rilassate sessioni sul green, o altre distrazioni del genere. Chiuso nel suo studio nella reggia di Mar-a-Lago, Trump segue senza pausa in diretta tv ogni passaggio del processo, pronto a eventuali contromosse e a dare istruzioni a distanza al suo team difensivo. Ma fiducioso che alla fine tutto si chiuderà con una nuova assoluzione, proprio come accadde lo scorso anno. Del resto al momento i numeri sembrano giocare a suo favore: per condannare l’ex presidente almeno 17 senatori repubblicani dovrebbero votare con i 50 senatori democratici. E se il buongiorno si vede dal mattino, sono stati 45 quelli che il 26 gennaio hanno votato contro l’impeachment, ritenendolo incostituzionale.