Attenzione ortolani, c’e’ un cornuto che si sbafa le pummarole

by | Aug 1, 2022 | Canada | 0 comments

Cornuto, di nome e di fatto

Si e’ sbafato una pianta di pummarole ed una di peperoncini piccanti di quelli che cambiano colore.
Ma ha pagato il misfatto con la pellaccia sua.
L’ho prima spezzettato con la forbice, poi l’ho scamazzato (schiacciato) con la vanga.
Faceva schifo da vivo trattandosi di un bruco, ossia un verme extra grande.
Faceva schifo anche di piu’ da scamazzato, verde da fuori, bianco latte inacidito dentro.
Popolo della yarda, amici e colleghi ortolani dilettanti attenzione, stiamo parlano del “bruco di pomodoro” che da queste parti chiamano “tomato hornworms” ossia verme cornuto che e’ comparso, mortacci sua, per farmi santiare di brutto.
Il cornuto prende il nome da un corno all’ estremita’ posteriore (hulo in volgare) e dal fatto che il suo pranzo preferito se lo sbafa sulle piante di pomodoro.
I cornutacci masticano le foglie fino a spogliare tutta la pianta ed arrivano a fare dei buchi nelle pummarole.
Attenzione, il verme, di nome di fatto, che attacca anche melenzane, peperoni e peperoncini, ha un punto molto debole che e’ la sua condanna a morte: e’ lungo fino a 10 cm ha una circonferenza fino ad un centimetro ed e’ lento lenzo, anzi e’ proprio immobile.
Ad occhio e croce sarebbe difficile da individuare visto che e’ camaleontico, e’ verde si confonde con la pianta, ma quando ci sono rami senza foglie li’ inevitabilmente c’e’ il cornuto.
L’Internet mi ha detto che a toccarlo non punge visto che la coda e’ utilizzata soltanto per succhiare il nettare dai fuori.
Ma io, parandomi il hulo, non l’ho manco sfiorato affidando alle forbici il compito di ghigliottinnarlo.
Altri metodi per sterminarli sarebbe spruzzare la pianta sapone potassico (acqua e detergente comune) o “olio di neem” che manco so che sia.
I bene informati, cioe’ gli ortolani di professione, suggeriscono di: 1) controllare le piante almeno una volta ogni settimana (personalmente di persona provvedo ogni mattina e sera); 2) eliminare le erbacce per ridurre i posti dove i vermi possono deporre le uova; 3) Vangare il terreno dopo l’ultimo raccolto in modo da distruggere i bruchi che sono nella terra e che possono sopravvivere l’inverno.
Fin qui la parte poco appetitosa del racconto.
Il resto e’, meno male, goduria.
Le pummarole si stanno arrossendo, quelle piccolle sono gia’ finite in padella per condire gli spaghetti al basilico.
A mezzogiorno mi sono gustato una insalata di sammarzane, stasera me ne faccio un’altra con le pummarole a cuore, queste ultime, a mio parere, sulla scala piu’ alta dei sapori.
Per tutta l’estate e speriamo fino ad ottobre, le pummarole me le pappero’ fresche di giornata, d’inverno ci arrangeremo con quelle conservate dalla padrona di casa.
Ecco, infine, cortesia della Rete, una breve cronistoria della pianta senza la quale non avremmo avuto la pizza.
La pianta di pomodoro (Solanum lycopersicum) è originaria dell’America latina, si è sviluppata certamente in climi tropicali e in particolare nelle zone che ora corrispondono agli stati di Peru ed Ecuador, da qui fu portata in Messico dai Maya e poi largamente utilizzata dagli Atzechi. Pare che già producessero salsa con i pomodori, a cui attribuivano grandi virtù, tra le altre anche un potere afrodisiaco. I pomodori originari non erano certamente quelli che troviamo oggi nei nostri orti: noi godiamo i frutti di una lunga selezione, messa in atto per secoli dai contadini delle varie epoche, a partire proprio dagli Atzechi. Inoltre anche le diversità climatiche hanno contribuito alla trasformazione.
Il termine attuale invece è di facile comprensione: basta scomporre la parola “pomodoro” in “pomo d’oro“. I pomodori anticamente erano di colore giallo e hanno mantenuto il lusinghiero paragone con l’oro almeno nel nome, anche se le selezioni varietali nei secoli hanno reso la verdura di colore rosso. Non è l’unico ortaggio ad aver cambiato radicalmente tinta: le carote originariamente erano viola. Il riferimento alla bellezza del frutto non è casuale, si tratta di un nome coniato in Francia nel diciottesimo secolo, quando i pomodori erano tenuti come specie ornamentale.
Infine il nome inglese “tomato” e l’analogo “tomate“ usato anche in francese, spagnolo e portoghese, sono tutte parole che derivano direttamente dal primo nome della pianta: “xitomatl”, in uso tra gli Atzechi. Per loro il termine “tomatl” indicava molte piante dal frutto succoso e ricco di acqua, mentre xi-tomatl era proprio il nostro solanum licopersicum.
Lo sbarco dei pomodori nel vecchio continente avviene nel 1540 in Spagna, per opera di Cortés, celebre esploratore. Agli occhi degli europei la pianta arrivata dalle Americhe era simile a una specie già conosciuta e velenosa, la solanum nigrum (erba morella). La pianta venne migliorata in seguito, per qualità e anche estetica, già nel 1572 troviamo citati pomodori di colore rosso.
Il pomodoro approdò in Italia poco tempo dopo il suo arrivo in Spagna, visto che gli spagnoli avevano possedimenti nel nostro paese e intrattenevano ottimi rapporti con le varie signorie e con l’impero borbonico. L’arrivo a Firenze di un cesto di pomodori alla corte di Lorenzo il magnifico è datato 1548. Anche in Italia però i pomodori affrontarono un lungo periodo di diffidenza. Essendo un paese diviso in ducati e signorie i nuovi ortaggi arrivarono qua e là, in modo non omogeneo, raggiungendo non tutte le zone.
Nel sud Italia si cominciarono relativamente presto i primi esperimenti culinari, in particolare in Sicilia e Campania. Un forte impulso alla diffusione dei pomodori fu l’impresa dei mille di Garibaldi, che attraversarono tutta l’Italia diffondendo l’interesse per i pomodori anche al nord.
La storia del pomodoro in Italia è una storia fatta di tante piccole storie locali, è curioso approfondire anche le origini di alcune famose varietà di pomodoro. Non è semplice e spesso non esistono testimonianze che ci permettono di risalire all’origine esatta di una determinata cultivar, alcuni pomodori, come i cuori di bue, sono stati coltivati in diversi punti e non è possibile ricostruire la loro genealogia. Qui di seguito vi racconto da dove arrivano due varietà: una è molto antica, mentre l’altra è decisamente più recente.
Le origini dei pomodori San Marzano
La varietà San Marzano è certamente una delle più celebri tipologie di pomodoro da salsa, deriva da un paesino della Campania, San Marzano sul Sarno, dove fu seminato per la prima volta. Si narra che la semente fu un regalo arrivato direttamente dal viceré del Peru nel 1770, destinato al regno di Napoli.
La cultivar originale San Marzano si è estinta, falcidiata da malattie virali, oggi resistono alcune varietà che ne conservano parte del patrimonio genetico e sono ammesse per la produzione di pomodori DOP. Si tratta comunque di un tipo di pomodoro con radici molto antiche, anche se certamente nei secoli si è evoluta e trasformata. Chissà quante differenze tra la salsa di pomodori atzeca e quella odierna dei San Marzano.
La storia dei pomodori ciliegino di Pachino
Se il San Marzano è una cultivar antica, tramandata da prima del 1800, all’opposto i pomodori ciliegina di Pachino sono nati in anni molto più recenti e sono varietà sviluppate in laboratorio.
Pachino è un paese siciliano, dal clima particolarmente invitante per le piante di pomodoro, qui nel 1989 un’azienda di semi israeliana portò alcune varietà nuove dette Noemi e Rita, che prevedevano pomodorini di piccole dimensioni, nel caso del Rita a grappolo. Proprio dalla varietà rita israeliana deriva il rinomato pomodino Pachino. Il pomodoro ciliegino è oggi una delle varietà più amate di pomodoro.