Kuleba scettico su un accordo, ‘richieste inaccettabili’
Colpita da più fronti, tra raid senza tregua e tattiche d’assedio per stremare la popolazione, compreso il fuoco contro i civili, l’Ucraina ha vissuto un altro giorno di guerra con un’apprensione crescente per la sua capitale. Mentre le immagini satellitari mostrano l’avanzata dei carri armati russi fino a 25 km dal centro di Kiev, nuovi pesanti attacchi missilistici hanno distrutto una base aerea nei pressi di Vasylkiv, una trentina di chilometri a sud-ovest della città.
“I russi possono prendere Kiev solo se la radono al suolo”, ha commentato come sempre orgoglioso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in una conferenza stampa, facendosi vedere ancora una volta al posto di comando nel cuore della capitale. Ma le sirene d’allarme non smettono di suonare, preludio all’ennesima notte di bombardamenti. Le evacuazioni di civili proseguono con il contagocce, tra accuse reciproche di boicottaggio, e proprio nei sobborghi di Kiev ieri si è consumata un’altra strage di innocenti. La difesa ucraina ha infatti denunciato l’uccisione di 7 persone in fuga dal villaggio di Peremoga, tra cui un bambino, proprio lungo un corridoio ‘verde’ concordato con i russi. Una strategia del terrore, quella contro la popolazione, che sembrerebbe confermata anche da un’intercettazione telefonica effettuata dall’intelligence ucraina secondo cui nei pressi di Kharkiv le truppe russe avrebbero ricevuto dal loro comando “l’ordine di sparare sui civili e i bambini”. Quel che è certo è che il bilancio del conflitto si fa sempre più drammatico. L’Onu ha fatto salire ad almeno 579 il bilancio dei civili uccisi dall’inizio della guerra (42 bambini). Mentre Zelensky ha confermato oggi la morte di circa 1.300 soldati ucraini in 17 giorni di attacchi, rivendicando però la cattura di 500-600 nemici.
La Russia mostra un “approccio fondamentalmente diverso” che fa sperare nell’apertura di un dialogo. Qualcosa che non era mai avvenuto “negli ultimi due anni”. Solo 24 ore dopo aver parlato di “progressi zero” nelle trattative con Mosca, smentendo le dichiarazioni possibiliste di Vladimir Putin, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky apre uno spiraglio su una possibile soluzione negoziata del conflitto. Le tragiche vicende delle ultime settimane sconsigliano però ogni illusione, come si affretta a chiarire il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. Ma un altro segnale arriva da Mosca, con l’annuncio che i colloqui tra le due parti continuano in videoconferenza, dopo i tre incontri in presenza tenuti in Bielorussia. In un’altra giornata di segnali contrastanti, a smorzare gli entusiasmi è una nota dell’Eliseo, dopo un nuovo colloquio telefonico a tre fra il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il capo del Cremlino. Putin “non ha dato alcun segnale della volontà di sospendere la guerra”, hanno osservato fonti della presidenza francese, riconoscendo solo che ha abbassato qualche tono, rinunciando ad esempio a parlare dell’esigenza di ‘denazificare’ l’Ucraina. Da Berlino il portavoce di Scholz afferma che lui e Macron hanno chiesto la fine del conflitto, aggiungendo che “su altri contenuti del colloquio è stato concordato il silenzio”. Un po’ poco per parlare di svolta. Ma proprio questo riserbo, nell’assoluta mancanza di altri indizi, potrebbe essere visto come un timido segnale di speranza.
L’offensiva di Mosca comunque prosegue in tutto il Paese. Raid si segnalano a Dnipro, terza città dell’Ucraina sul fiume omonimo, dove secondo il sindaco i sistemi di difesa aerea hanno però respinto un attacco dal cielo nelle prime ore del mattino. Colpita anche Kropyvnytskyi, nel centro. Il fronte più caldo resta quello di Mariupol, che i russi già ieri avevano annunciato di aver completamente circondato. I bombardamenti sono proseguiti anche oggi, sfiorando anche una moschea dove si erano rifugiati un’ottantina di civili, tra cui molte donne e bambini e numerosi cittadini turchi in attesa di evacuazione. Secondo il presidente dell’associazione che la gestisce, Ismail Hacioglu, l’area circostante è finita sotto tiro, con una bomba caduta a 700 metri dall’edificio. Gli assedianti occupano in particolare la periferia est della città portuale, strategica perché in grado di saldare i territori controllati da Mosca e dalle milizie sue alleate nel Donbass e in Crimea.
E a Kherson, altro centro a nord della penisola annessa alla Russia nel 2014, gli invasori che ne hanno ormai preso il controllo starebbero preparando uno pseudo-referendum plebiscitario per dar vita a una nuova repubblica separatista come quelle di Donetsk e Lugansk, frammentando ulteriormente l’integrità dell’Ucraina. “Kherson è e sarà sempre dell’Ucraina“, dice il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un tweet, denunciando un “referendum farsa” a Kherson da parte dei russi.
Una settantina di chilometri più a nord, in direzione di Odessa, si intensificano gli attacchi anche su Mykolaiv, altro centro strategico, dove i raid hanno danneggiato un ospedale per la cura di malati oncologici e alcuni edifici residenziali, senza provocare vittime. A metà strada tra Mariupol e Kherson, con l’offensiva che punta a prendere il controllo dell’intera fascia costiera sul mar d’Azov, è caduta ormai in mano russa anche Melitopol, dopo il sequestro ieri del sindaco Ivan Fedorov, che secondo Zelensky potrebbe essere torturato dagli “occupanti” per spingerlo a registrare un video in loro sostegno. Dopo l’assalto dei giorni scorsi, sotto controllo di fatto di Mosca è ormai anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. Nel sito, la società statale russa per l’energia atomica, Rosatom, ha inviato i suoi ingegneri per verificare la situazione. Le attività ordinarie, sottolinea Mosca, continuano a essere svolte dallo staff ucraino, ai quali però è stato detto che “l’impianto non appartiene più all’Ucraina e che d’ora in poi dovrà operare sotto il controllo russo”.